La triste storia di un genio della chirurgia

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Dr. Andrea Favara Gastroenterologo, Chirurgo apparato digerente, Colonproctologo, Chirurgo generale

La chirurgia degli ultimi 20 anni è stata rivoluzionata dall’ introduzione e dal diffondersi della laparoscopia e la strada da percorrere appare ancora lunga, tuttavia come quasi sempre succede con le innovazioni, gli inizi non sono stati facili e un esempio da ricordare riguarda sicuramente l’ incredibile storia dell’ Autore della prima colecistectomia laparoscopica.

Fin dagli anni sessanta la scuola tedesca era all’avanguardia nell’ utilizzo di tecniche endoscopiche operative per i tempi avanzate quali la duodenoscopia, l’ ercp e la  papillotomia. Curiosamente non erano stati i chirurghi a ideare e diffondere queste tecniche ma gli internisti e per questo le società chirurgiche di allora mostravano una certa intolleranza vivendola come un’ invasione del loro campo.

Kurt Semm poi, un ginecologo, aveva appena eseguito la prima appendicectomia laparoscopica pubblicata nel 1982 e all’ Università di Erlangen, un chirurgo geniale stava lavorando a qualcosa che avrebbe presto fatto il giro del mondo: Erich Muhe, tutt altro che invidioso del lavoro dei colleghi internisti, divenne primario di chirurgia in un centro minore, a Boblingen e qui, tra lunghe passeggiate in bicicletta e altrettanto lunghe giornate in sala operatoria, si fece costruire gli strumenti necessari ed il 12 settembre 1985 realizzò la prima colecistectomia laparoscopica.

Muhe era partito dagli strumenti utilizzati da Semm per eseguire la appendicectomia ma rendendosi conto che non sarebbero stati adeguati ad asportare la colecisti, creò uno strumento dedicato e lo chiamò ‘Galloscope’.

L’intervento durò due ore e l’ esito fu favorevole. L’autore si rese subito conto del decorso postoperatorio estremamente favorevole rispetto alla classica colecistectomia tradizionale per la quale era necessaria una maggiore  degenza ed una maggiore convalescenza.

Successivamente la tecnica venne da lui modificata, prima cambiando gli strumento, poi eseguendo l’ intervento senza pneumoperitoneo ed infine modificando la fonte di luce necessaria

Quando finalmente fu il momento di presentare i suoi risultati al congresso della Società tedesca di chirurgia nel 1986 preparò una accurata relazione evidenziando profeticamente quelli che poi negli anni successivi sarebbero stati confermati come i vantaggi più significativi della sua tecnica: minimo traumatismo della parete addominale,minore dolore postoperatorio, minore immobilizzazione a letto, minore degenza postoperatoria e minore convalescenza.

Incredibilmente, la platea fu a dir poco scettica, la maggior parte dei colleghi considerò l’ intervento ‘ pericoloso ‘e la definì ‘chirurgia di Topolino’ arrivando a deriderlo: ‘piccolo cervello..piccola incisione'.

Anche in occasione di successive presentazioni e dopo un centinaio di casi eseguiti l’ accoglienza fu simile e solo un limitato numero di colleghi si dimostrò interessato.

In quel periodo l’ idea che a una grande incisione corrispondesse un buon intervento era fortemente radicata nella comunità chirurgica, si riteneva inoltre, concetto poi smentito, che terapie alternative quali la litotripsia potessero essere promettenti nel trattare la colelitiasi ed infine il sistema sanitario tedesco non incoraggiava i chirurghi a dimissioni precoci esistendo un meccanismo di rimborso che non considerava la patologia ma i giorni effettivi di degenza.

L’ errore di Muhe fu di limitare le sue relazioni scientifiche alla Germania trascurando la potenziale audience statunitense che probabilmente sarebbe stata più aperta all’ innovazione.

Oggi la sua intuizione è una realtà consolidata e solo nel 1992 la sua opera lungimirante è stata riconosciuta e premiata dalla comunità scientifica.

Eriche Muhe è stato un genio troppo ‘avanti’ rispetto agli anni in cui è vissuto ed è uno dei tanti esempi di come in medicina l’ opinione prevalente spesso sottovaluti le idee di chi possiede una marcia in più.


Albert Einstein

Laurence Olivier scrisse che per una carriera brillante sono necessarie tre cose: talento, fortuna e resistenza. Riguardo alla fortuna disse: ‘deve essere sufficiente a permettervi di credere in ciò che fate e di farvi giocare le carte vincenti al momento giusto’.

Erich Muhe non ebbe la fortuna di trovarsi nel posto giusto al momento giusto. E' morto nel 2005. Fu un chirurgo avanti rispetto ai suoi tempi.

 

JSLS (1998)2:341-346

 

Data pubblicazione: 18 marzo 2012

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