Il chirurgo che operò se stesso
Nelle conversazioni tra chirurghi spesso ricorre la domanda "Ma se tu avessi la tal malattia e dovessi scegliere un collega, da chi ti faresti operare?"
E da qui discussioni infinite che solo i più megalomani tra noi concludono con la frase "piuttosto che farmi operare dal tal collega mi opererei da solo!".
Appartiene alla storia la vicenda del Dottor Evan O’ Neil Kane, primario chirurgo del Kane Summit Hospital, negli Stati Uniti che, dopo essersi auto amputato chirurgicamente un dito a 58 anni, il 15 febbraio 1921, sessantenne, decise di operarsi da solo di appendicectomia con l’aiuto dei suoi assistenti tra i quali il fratello chirurgo per dimostrare che l’intervento poteva essere eseguito in anestesia locale e che non c’era motivo di temere l’intervento se un chirurgo addirittura l’aveva fatto su se stesso.
L’operazione ebbe successo ed evidentemente il Dottor Kane ci prese talmente gusto da operarsi ancora due anni dopo di ernia inguinale!
La storia più curiosa tuttavia è un’altra.
Il 5 novembre 1960 la nave sovietica Ob parte da Leningrado con a bordo la sesta spedizione sovietica antartica incaricata di costituire una nuova base in Antartide. Dopo 36 giorni di navigazione arriva a destinazione e dopo nove settimane, il 18 febbraio 1961 la base Novolazarevskya è pronta.
Uno dei 12 membri della spedizione è il venitisettenne chirurgo Leonid Ivanovich Rogozov, medico del team.
Rogozov era nato in un villaggio sperduto della Siberia orientale quasi al confine russo mongolo cinese e dopo essersi laureato nel 1959 aveva deciso di specializzarsi in chirurgia prima di partire per l’Antartide.
Il 29 aprile 1961, come da memoria da lui poi pubblicata, iniziò a sentirsi debole, avvertì un malessere generalizzato e successivamente nausea e dolore addominale con febbre. Non impiegò molto a diagnosticare a se stesso una appendicite acuta!
Inizialmente cercò di nascondere i sintomi ai sui compagni e si autosomministrò antibiotici e ghiaccio localmente ma il quadro clinico peggiorava rapidamente. La base sovietica più vicina, Mirny, era a 1000 miglia, non erano disponibili aerei ed in ogni caso il tempo pessimo ne avrebbe impedito il volo.
L’unica soluzione era operarsi da solo.
Il 30 aprile istruì tra i suoi compagni un metereologo, un meccanico ed il direttore della stazione: il primo doveva passargli i ferri chirurgici, il secondo reggere uno specchio e la luce ed il terzo somministrargli farmaci ed ossigeno.
Decise di operarsi senza guanti chirurgici per avere maggiore sensibilità tattile, infiltrò la cute con un anestetico locale e praticò un’incisone di 10-12 centimetri.
L’ intervento durò quasi due ore, Rogozov riuscì a rimuovere l‘appendice, a lavare la ferita con antibiotici e a chiudere l’incisione non dimenticando di far fotografare le fasi cruciali dell’intervento.
Dopo un iniziale decorso postoperatorio impegnativo il quadro clinico migliorò progressivamente e in due settimane fu in grado di riprendere le sue abituali attività completamente guarito.
Alla fine della spedizione nell’ottobre 1962 tornò a San Pietroburgo e completò i suoi studi. Dal 1986 al 2000 fu primario di chirurgia toracica a San Pietroburgo. Morì il 21 settembre 2000 per un cancro al polmone.
Leonid Ivanovich Rogozov era un chirurgo modesto e a chi lo adulava per quanto aveva fatto amava rispondere ‘un intervento come tanti altri, una vita come le altre’.