Il microbioma seminale e l'infertilità di coppia
Nello studio dell’infertilità di coppia la microbiologia ha sempre avuto un ruolo importante per l’individuazione di alcune delle cause di flogosi del tratto riproduttivo sia maschile che femminile che sappiamo avere un ruolo non secondario nella creazione di ostacoli al normale concepimento.
La Malattia Pelvica Infiammatoria (MPI) colpisce entrambi i sessi e risulta ancora, come trent'anni fa, la patologia più frequente che si riscontra nello studio delle coppie infertili inducendo malfunzionamenti tubarici nella donna e molte delle astenozoospermie.
Di recente numerose pubblicazioni hanno evidenziato come il microbioma umano possa condizionare la fisiologia per cui l’interesse su questo argomento è in costante aumento, (peraltro) enormemente facilitato dalle nuove tecniche di sequenziamento genetico che sono in grado di identificare microbi attraverso il riconoscimento della presenza del DNA dei germi ricercati. Sono molti quindi i lavori che hanno cercato di identificare il normale costituente microbiologico a livello del tubo gastroenterico e la sua influenza sullo stato di salute.
Tuttavia, per ammissione condivisa dai più, manca ancora una definizione del microbioma seminale e, in effetti, comparando i lavori pubblicati sull’argomento, non sembra che i dati pubblicati evidenzino un qualche tipo di univocità.
Molti studi dovranno essere fatti prima che si arrivi a conclusioni condivisibili ed utilizzabili. Da una parte i biologi (con le next-generation sequencing techniques, NGST) sfornano messi di dati sulla composizione del microbioma seminale, dall’altra i clinici non hanno ancora basi solide su cui prendere decisioni terapeutiche.
Tra l’altro il sequenziamento identifica il genoma del germe ma non è in grado di distinguere il genoma presente per sé stesso o all’interno di un germe vivo e quindi capace di produrre patologia.
Altro limite è che manca un metodo diretto per la quantizzazione della carica batterica, dato tutt’altro che secondario che entra nel processo ragionativo del clinico, il quale ha il compito di decidere se l’infezione c’è, se è significativa e se è il caso di trattarla o meno.
Un apparente vantaggio, almeno per ora, sembra essere il fatto che vengono facilmente individuati anche i genomi di microrganismi anaerobi i quali, per le caratteristiche di coltura, hanno bisogno di incubazione in assenza di ossigeno, non alla portata di tutti i laboratori.
Le domande alle quali qualcuno dovrà rispondere saranno quindi:
Il microbioma seminale normale
Su una cosa possiamo essere d’accordo: che non siamo d’accordo.
La lettura dei dati pubblicati da vari ricercatori mostra che la variabilità della presenza microbica nel tratto riproduttivo maschile è molto alta. Sia che si studino popolazioni normali che appartenenti a coppie subfertili, l’unico dato che accomuna i vari gruppi “omogenei” è che in una percentuale di essi non si ha identificazione di batteri, ovvero sono sterili (cioè non si ha crescita batterica se messi in coltura).
Esiste però una popolazione di soggetti che mostra la presenza di batteri nel liquido seminale associata a normozoospermia. In ultima analisi si deduce che non si può ragionare come nelle urinocolture dove 100.000 CFU è il cut-off tra cistite batterica e non.
In pochi segnalano il paradosso per cui nello stesso soggetto si può avere urinocoltura negativa e spermiocoltura positiva, ma non urinocoltura positiva e spermiocoltura negativa.
Questo suggerisce che il microbioma della vescica è diverso da quello di prostata, dotti eiaculatori e vescicole seminali. Non potendo quindi contare sulla definizione di microbioma seminale normale, dobbiamo riferirci a dati di cui possiamo essere abbastanza sicuri pubblicati in uno studio del 1990, anche a firma del sottoscritto, sul Giornale Italiano di Patologia Clinica (reprint a richiesta, è in italiano e non è nell’INDEX).
Correttamente studiati sia sul piano della preparazione del paziente che dell’esecuzione della ricerca microbiologica i dati ricavati da 230 pazienti appartenenti a coppie subfertili, confrontati coi dati ricavati da altri ricercatori del tempo, mostravano una prevalenza di Streptococchi, seguita da Difteroidi, E. coli, Stafilococchi, e Klebsiella.
Proteus, Lattobacilli e altri non superavano il 2% dei ritrovamenti.
Quindi sostenere, come sembra essere ora la tendenza, che germi come il Lactobacillo e la Prevotella (recente new entry) sono il normale microbioma seminale, stante la loro presenza in percentuale intorno al 2-3% della popolazione microbica seminale, è tutto da dimostrare.
Una recente review del 2020 ha confrontato numerosi studi che nell’insieme danno risultati sovrapponibili e uguali tra fertili e infertili: The semen microbiome and its impact on sperm function and male fertility: A systematic review and meta‐analysis
Come regolarsi sulla quantità in caso di identificazione di germi patogeni
Campioni di liquido seminale francamente positivi per una sola specie batterica sono rari e, giustamente, il microbiologo referta solo i primi due o tre germi per carica decrescente, essendo possibile e probabile che gli altri a bassa o bassissima carica siano di scarsa importanza clinica.
L'esecuzione di uno o più antibiogrammi correttamente eseguiti è di notevole utilità. Per esempio, nel caso di positività per Stafilococchi come l’epidermidis o l’aureus, avere contemporaneamente il dato CFU e la sensibilità agli antibiotici aiuta a discernere tra piaga purulenta e contaminazione.
Una carica di S. Aureus da 10.000 CFU, che è sensibile a tutto, è nettamente probabile sia ascrivibile a contaminazione piuttosto che a patologia, mentre un E. coli o una Klebsiella a 3.000 CFU pluri-resistenti dovrebbero mettere in guardia.
Come evitare o limitare i dismicrobismi iatrogeni da antibiotici
Purtroppo i metodi di indagine, che non hanno modo di dare una quantizzazione della carica, inducono a regolarsi col solo antibiogramma.
Il risultato è un inutile prescrizione di antibiotici provocante un dismicrobismo, sia a livello del tratto riproduttivo che enterico, e la selezione di germi resistenti.
Oltre a ciò, esperienza insegna che dopo un primo ciclo di antibiotici per batteriospermia, nel 60% dei casi si assiste, con l’eliminazione del germe isolato 1, alla crescita di una seconda specie verosimilmente selezionata dall’antibiotico con la conseguente necessità di un secondo ciclo di terapia e, a volte, un terzo.
Occorre quindi trovare la correlazione tra infezione e fertilità andando a vedere quali sono i meccanismi e i fenomeni che possono essere modificati in ordine al miglioramento delle chance di concepimento non medicalmente assistito.
La fecondazione assistita, intesa come serie di azioni che superano ostacoli o limiti imposti dalla natura e/o dalla patologia ha un po' meno bisogno di queste attenzioni, in quanto i terreni di coltura per spermatozoi e ovociti contengono antibiotici, vengono cambiati (change over) ogni poche ore proprio per evitare crescite batteriche.
Nella valutazione della coppia infertile avere informazioni sulla situazione microbiologica è comunque sempre uno dei primi passi.
Poi, una volta stabilito sulla base della storia clinica della coppia se è conveniente perseguire la correzione dei fattori negativi verso una fecondazione in vivo, occorre stabilire una strategia che abbia un senso.
Come definire la relazione flogosi-infezione
Una positività per presenza di batteri o funghi patogeni dovrebbe essere valutata in funzione delle alterazioni che provoca attraverso l’infiammazione. La presenza di quest’ultima è, di solito, una delle situazioni al tempo stesso più frequenti e anche apparentemente facili da combattere. Da tenere sempre presente che infezione e flogosi non sono la stessa cosa:
- infezione è definibile come la presenza di microrganismi in un organo o gruppo di organi. La variabile è la potenziale patogenicità (virulenza) che può essere o non essere correlata alla carica batterica;
- la flogosi o infiammazione è la risposta che l’organismo mette in atto in presenza di un potenziale danno. Si estrinseca variabilmente tra acuta, subacuta e cronica.
Infezione e flogosi possono esistere indipendentemente, coesistere, essere una la causa dell’altra.
Il dato biologico, tipo di germe, carica batterica e quanto altro, va quindi inserito nel contesto del paziente che viene valutato dal clinico. Nel caso delle infezioni del tratto riproduttivo maschile, queste vanno correlate ove possibile con i valori dello spermiogramma che segnalano la presenza di flogosi e che sono:
- La fluidificazione ove irregolare o ritardata
- La viscosità se aumentata
- Le agglutinazioni
- L'astenozoospermia
- La teratozoospermia
- La leucospermia
In tempi recenti è stato appurato che la flogosi, comunque indotta, modifica i tempi della reazione acrosomiale e della capacitazione, eventi che preludono e rendono possibile la penetrazione dello spermatozoo nell’ovocita, fecondandolo e dando vita all’embrione.
Tale evento avviene nelle tube - oltre che pervie devono quindi essere anche funzionali - e che l’ambiente metabolico ormonale sia sano ed efficiente. In buona parte, il fenomeno è regolato dalla IL6 che, curiosamente, è anche la citochina responsabile delle alterazioni in corso di covid.
Quando avremo dati più numerosi degli attuali potremo forse spiegarci come mai nel post-Covid le alterazioni seminali siano più marcate in alcuni soggetti piuttosto che in altri.
Altro dato sul quale si dovrà lavorare è il seguente: alcune ricerche sostengono, con ogni probabilità a ragione, che due persone che hanno rapporti sessuali regolari sviluppino un microbioma comune dovuto all’interscambio di batteri, funghi e virus.
Tale microbioma può, attraverso meccanismi ancora solo in parte noti, essere di aiuto o di ostacolo al concepimento in vivo. Col tempo sapremo ma, di sicuro, la valutazione microbiologica dell’ambiente seminale e vaginale rimane una delle indagini basilari cui non è ancora il caso di fare a meno.
La scelta degli antibiotici
L'antibiogramma fornisce informazioni sulla sensibilità del germe isolato a vari antibiotici. Questo avviene in vitro ovvero all’esterno dell’organismo. Tuttavia, alcuni germi possono essere sensibili in vitro ma non in vivo ad un determinato antibiotico, complicando perciò le scelte terapeutiche.
Di fatto esiste una barriera emato-prostatica analoga alla emato-encefalica e ciò significa che non tutti gli antibiotici hanno caratteristiche biochimiche tali da poterla superare ed arrivare all’obiettivo.
Durante la fase acuta dell’infiammazione passano più o meno tutti, mentre in fase cronica passano solo molecole liposolubili e a bassa costante di dissociazione. Tra quelli che passano facilmente, alcuni hanno margini terapeutici alquanto ridotti in funzione della loro tossicità potenziale.
La ricerca sta cercando di determinare quale è il microbioma giusto al quale puntare ma che ancora non si conosce se non a spanne.
Probabilmente, gli indizi ci sono, lo studio del microbioma sia del tratto riproduttivo che gastroenterico -della coppia- ci aiuterà a comprendere lo status ed il ruolo dei microrganismi presenti ribaltando il concetto per cui germe è uguale a infezione e malattia, ma che l’equilibrio che si stabilisce tra germi e organismo ha un suo normale perché, non necessariamente da combattere.
Il rischio attuale è che molti presunti studiosi, potendo accedere facilmente sia alla diagnostica che agli antibiotici, nella logica del “mi informo e faccio da solo”, finiscano per farsi male.