Così il pene dell'uomo ha perso le sue spine

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Dr. Giovanni Beretta Andrologo, Urologo, Patologo della riproduzione, Sessuologo

E' noto che l’uomo condivide il 96% del suo DNA con lo scimpanzè benchè abbia processi fisiologici, anatomia e soprattutto comportamenti molto diversi da quelli che caratterizzano gli altri animali e soprattutto i primati.

Il DNA è un acido presente nel nucleo delle cellule e contiene tutte le informazioni genetiche necessarie per lo sviluppo ed il corretto funzionamento della maggior parte degli organismi viventi.

Contrariamente al senso comune, da un punto di vista genetico, in molte "situazioni" ciò che distingue un uomo dagli altri animali non è qualche gene in più, ma qualche gene in meno (un gene è l'unità ereditaria fondamentale degli organismi viventi che corrisponde ad una sequenza di acidi nucleici). 

Infatti l'evoluzione sembra aver cancellato dal nostro DNA delle sequenze essenziali per regolare l’espressione di certi geni; questo avrebbe favorito la diffusione di alcuni di quei caratteri che contraddistinguono appunto un uomo.

Ora uno studio, pubblicato su Nature da Cory McLean della Stanford University, sembra confermare queste osservazioni e per ora di queste sequenze mancanti i ricercatori ne hanno analizzate soltanto due; queste sequenze, inserite in un embrione di topo, si è visto che determinano la formazione di spine epidermiche cheratinizzate nell’organo sessuale maschile e di peli rigidi di lunghezza variabile, vibrisse, che fungono da recettori tattili, ad esempio nel gatto possono coincidere con i baffi e le sopracciglia.


Spine di pene di primate (Philip Reno, Stanford University)

Queste strutture anatomiche sono presenti nelle scimmie ed in altri animali, ma non sono più osservate nell'uomo.

 

Riferimento: McLean, C. Y. et al. Nature 471, 216-219 (2011)

Data pubblicazione: 06 aprile 2011

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