Onde d'urto e disturbi dell'erezione
Le onde d’urto sembrano efficaci in alcuni disturbi dell’erezione.
A queste conclusioni sembra essere arrivata una recente e mirata revisione, con relativa meta analisi, condotta da alcuni ricercatori dell’Università di San Francisco in California, dell’Università di Changchun della Repubblica Popolare di Cina e dell’Università di Kaohsiung di Taiwan su 14 studi, pubblicati dal 2005 al 2015 sull’argomento e che avevano coinvolto ben 833 uomini con problemi erettivi di natura vascolare.
E’ noto che le onde d'urto a bassa intensità possono rilasciare, a livello dei tessuti profondi, diversi fattori angiogenici che, a loro volta, possono determinare una neo-vascolarizzazione di questi tessuti migliorando così l’afflusso di sangue nei territori “stimolati”.
I 14 lavori clinici, qui considerati, presentavano diverse criticità (onde d’urto ad intensità e tempi di applicazione non uguali, valutazioni non in doppio cieco) ma, criticità a parte, se venivano considerati solo gli studi più significativi, i risultati del trattamento con le onde d’urto a bassa intensità sembrano confermare un miglioramento dell’erezione, soprattutto nei pazienti con difficoltà erettili di grado lieve o moderato, di circa il doppio rispetto al periodo prima del trattamento.
Dobbiamo comunque qui ricordare che, a tutt’oggi, la terapia con onde d’urto a bassa intensità è ancora considerata, in presenza di un deficit dell’erezione, una strategia terapeutica sperimentale ed infatti il loro esatto meccanismo d’azione non è ancora completamente noto.
Detto questo poi l’applicazione delle onde d’urto a bassa intensità è sicuramente una potenziale strategia terapeutica da ben ponderare, soprattutto in presenza di un problema vascolare, ma non ha al momento alcuna indicazione quando si hanno problemi di natura psicologica o psichiatrica, negli uomini sottoposti a importanti interventi di chirurgia pelvica, come ad esempio dopo una prostatectomia radicale per un tumore della prostata, oppure dopo una radioterapia sempre della regione pelvica.
Fonte:
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/27321373
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