Nato da eterologa: bisogna dirglielo?
E’ questo un argomento particolare e non ancora ben approfondito e chiarito, legato alle tecniche di riproduzione assistita.
Lo affronta un articolo, ora pubblicato su “Human Reproduction”, condotto dal Weill Cornell Medical College di New York City.
I ricercatori hanno spedito 459 inviti a famiglie con figli nati con tecniche di fecondazione assistita, in particolare da ovodonazione, per la partecipazione ad un seminario focalizzato sul come comunicarlo a questi bimbi.
Che l’argomento sia ancora difficile e controverso lo dimostra il fatto che solo quarantasei famiglie, cioè solo il 12% di coloro che erano stati invitati a partecipare, sono poi realmente intervenuti.
L’aspetto più interessante di questa nuova indagine, rispetto alla precedenti su tale argomento, è che qui si è indagato quello che è realmente accaduto alla rivelazione e non le semplici intenzioni di rivelare al bimbo la tecnica di procreazione medicalmente assistita (PMA) utilizzata.
Il limite maggiore di questa indagine è sicuramente il numero dei partecipanti ma comunque essendo una prima valutazione questa può essere considerata d’importanza non secondaria.
Andando ad analizzare i dati nei dettagli dobbiamo dire che, delle quarantasei famiglie indagate, solo venti aveva già rivelato la tecnica di PMA ai propri figli, l’età media alla rivelazione era di cinque anni e mezzo con un range che andava dal primo anno ai tredici anni.
I ricercatori hanno evidenziato che i bimbi che erano stati informati entro gli otto anni dimostravano un più basso livello di conflitto con i propri genitori proprio riguardo al processo di rivelazione e le famiglie dimostravano alti gradi di soddisfazione per aver comunicato precocemente il modo in cui erano stati concepiti i propri figli.
Un’altra osservazione importante, che emerge da questa indagine preliminare, è che più i genitori si sentivano in ansia è più questi posticipavano il momento della rivelazione.
Delle ventisei famiglie che dovevano ancora comunicare ai figli la tecnica di PMA utilizzata, solo diciotto prevedevano di farlo; in questo gruppo di bambini l’età media era di undici anni.
Da questa ricerca è emerso che le motivazioni decisive, che avevano spinto i genitori a comunicare ai figli l’ovodonazione, erano il diritto, da parte dei bimbi, di sapere e il desiderio, da parte delle famiglie, di non avere scheletri nell’armadio, essere onesti e aperti; mentre per le famiglie, che non avevano ancora parlato, le motivazioni principali erano quelle di non aver ancora individuato il momento giusto per informare i propri figli e il non sapere con certezza come impostare correttamente il discorso, in sostanza cosa raccontare.
Quello di informare correttamente i bimbi, nati con le varie tecniche di riproduzione assistita, è un tema molto importante e sempre più sentito dai genitori, anche alle nostre latitudini culturali, ed è per questo che il nostro gruppo, già nel 2011, aveva pubblicato, approfittando dei bellissimi disegni della brava Brunella Baldi, un libro indirizzato proprio ai genitori e intitolato “Cicogne, Cavoli, Provette”, editore Principi & Principi, per dare loro uno strumento utile e semplice per spiegare ai propri bimbi che si può essere concepiti in tanti e vari modi e che a volte può essere necessario un aiuto dalla medicina ma quello che importa è sapere di essere stati tanto desiderati e, alla fine di tante difficoltà, di essere nati ed essere tanto amati.
Fonte:
http://humrep.oxfordjournals.org/content/early/2016/06/09/humrep.dew125.short
Brunella Baldi. Cicogne Cavoli Provette. Prìncipi & Prìncipi editore 2011. http://www.mondadoristore.it/C-C-P-Cicogne-cavoli-Brunella-Baldi/eai978889682731/
Altre informazioni:
https://www.medicitalia.it/minforma/ginecologia-e-ostetricia/1026-l-inseminazione-intrauterina.html