Varicocele sì, varicocele no, la storia infinita
Nel 1954, J.K. Russell, Ginecologo nel Regno Unito, scrisse sul BMJ un interessante lavoro sul Varicocele. Al tempo, ma ancora oggi per certi versi, il Varicocele era una novità nella sua possibile relazione con la sub fertilità maschile. La patologia peraltro era conosciuta dal 1550 ed era stata descritta da Ambroise Parè, valente chirurgo Francese del tempo, che la definì “A compact pack of vessels quite filled with melancholic blood”.
La considerazione del Varicocele, al tempo di Russel, era compendiata dalle parole del Prof. Charles Wells che, nel 1948, scriveva:
<< Questa è una condizione di scarsa importanza. L’assunto è che questa condizione è poco più di una esagerazione del normale con annessa ipocondria per cui la rassicurazione del paziente e la prescrizione di sospensorio possono essere un adatto trattamento nella maggioranza dei casi >>
Russell descrisse di aver trovato Varicocele di terzo grado in 11 soggetti infertili su 119 esaminati.
Stando ai dati della tabella sul lavoro originale, solo la metà di questi, coi parametri di oggi, sarebbero stati considerati dispermici. Continuando nella lettura del lavoro ci si imbatte in una affermazione, oggi, sconcertante:
<< Per la finalità di questo studio la densità di spermatozoi è stata usata come criterio di qualità del seme essendoci generale accordo sul fatto che quando cala la densità gli altri difetti del seme aumentano >>
Hammen 1944; MacLeod e Hotchkiss 1946; Simmons 1947; Tyler 1951
Questo significa che non aveva il dato sulla motilità e fa rabbrividire.
Altra affermazione che si trova sul lavoro:
<< Hotchkiss, un’autorità leader sulla fertilità maschile, sottolinea che non c’è accordo sull’esatta relazione tra Varicocele e infertilità >>
La conclusione di Russell è: <Lo scopo di questo lavoro non è di proporre un atteggiamento più aggressivo sul varicocele ( ricordando i danni possibili della chirurgia) ma piuttosto di sfidare la tradizionale attitudine a ritenere il varicocele una condizione innocua causata dallo stress mentre sono necessari ulteriori studi sull’argomento>
Sono passati sessanta anni, di ulteriori studi sull’argomento ne sono stati scritti parecchi, per la maggior parte concordi sull’indicare il varicocele come causa principe della sub fertilità maschile, di come i parametri seminali migliorino dopo l’intervento e come i rate di gravidanza si alzino, in alcuni casi a livelli molto alti e, quindi, poco verosimili.
Tra i più recenti e significativi la revisione della Cochrane, però, mette la pulce nell’orecchio affermando che forse, sottolineo forse, l’intervento sul varicocele migliora le chance di concepimento.
La National Survey of Family Growth, CDC 2002 , stima la stessa incidenza dell’infertilità di coppia nella popolazione americana che supera i 200 milioni di individui, di cinquanta anni prima, ovvero il 12%.
"...it has been estimated that 12% of all marriages in Great Britain are infertile for at least fifteen years, almost all of this being involuntary, the male playng at least as great a part as the female."
Mr W S Mack (Western Infirmary, Glasgow)
Se è così e il dato è attendibile significa che tanta medicina non ha cambiato le carte in tavola.
Un recente articolo su di una prestigiosa rivista come Fertility and Sterility (http://www.fertstert.org/article/S0015-0282(13)00915-1/fulltext) afferma che il Varicocele è bene sia operato perché migliora la quantità del seme e, quindi, con più spermatozoi disponibili si possono utilizzare tecniche di fecondazione assistita meno invasive.
Andandolo a leggere salta subito all’occhio che il parametro utilizzato, ancora come sessant’anni prima, sia l’output di spermatozoi (la conta totale senza la motilità) indipendentemente dagli altri parametri. Ci risiamo. Le valutazioni di Russell erano, date le conoscenze rudimentali del tempo, giustificate. Oggi direi proprio di no.
Sembra che si siano dimenticati di come i valori di output siano micidialmente variabili anche nel sano fertile (WHO 2010) il che incide sull’ assetto dello studio e rende poco credibili i risultati. Il dato per cui dopo intervento nel 50% circa dei casi ci sia stato un incremento, e, magari un decremento negli altri 50%, riflette quello che accade in natura.
La conclusione dello studio riflette anch’essa l’errore di fondo.
Recita: l’incremento di output di spermatozoi rende possibile il passaggio da una tecnica costosa ed invasiva come la IVF-ICSI alla IUI, meno costosa ed invasiva. Questo è vero, posto che l’output senza il dato motilità serva a ragionare su qualcosa dato che per la IUI occorrono più o meno 500.000 spermatozoi dotati di motilità progressiva. In pratica sosterrebbero che un soggetto con 100 milioni di output a motilità zero avrebbe più chance di uno con 5 milioni e motilità 32%.
Il ragionamento fa acqua. L’apoteosi si raggiunge, poi, mettendo in relazione la varicocelectomia con l’incremento di output.
Un altro lavoro recente mette ancora combustibile sul fuoco del problema:
Pubertal screening and treatment for varicocele do not improve chance of paternity as adult. J Urol. 2013 Jun; 189(6):2298-303. Bogaert G., Orye C., De Win G.
L’articolo, numeri alla mano, confronta la fertilità tra due gruppi di soggetti cui è stato diagnosticato il Varicocele in età adolescenziale. Siamo nel 1989. Un gruppo è stato oggetto di correzione del varicocele e l’altro no.
Al momento di scrivere l’articolo (2012) si sono contati i “figli in braccio”, unica misura ragionevole e universale della fertilità. Ebbene, si sono avuti figli nel 78% dei varicoceli corretti e nell’85% di quelli che non erano stati sottoposti ad intervento.
Gli autori concludono che tra fare il varicocele in età adolescenziale e lasciarlo lì la differenza è zero. Il lavoro Belga è interessante perché, pur avendo anche in questo caso come in tutti i lavori citati finora il limite della relativa numerosità, non si ostina ad usare uno solo dei parametri dello spermiogramma come misura della fertilità ma usa una misura che solo due variabili, il si o il no, includendo anche le variabili femminili.
Scorrendo il pub-med sotto la voce varicocele-infertilità moltissimi lavori facilmente consultabili offrono una messe di dati sui anche più piccoli parametri che variano in relazione alla patologia per cui l’auspicio di Russel, nel 1954, non è stato disatteso.
Le conoscenze attuali sono moltissime e sono pressochè unanimi nel considerare che il Varicocele non sia frutto dello stress e/o dell’ipocondria, che sia una patologia che ha una etiologia abbastanza chiara, che le varie tecniche di intervento hanno i loro bravi pro e contro come in tutta la medicina, che grazie agli antibiotici le orchitiepidimiti post-chirurgiche sono una rarità, che l’idrocele è una complicanza che non sempre insidia la fertilità, che la funzionalità del testicolo migliora almeno sul piano istologico, che le recidive sono relativamente frequenti.
Nell’insieme ha perciò senso riparare la patologia dilatativa venosa testicolare perché, essendo la sub fertilità maschile un puzzle dotato di molte variabili, anche sistemarne temporaneamente una sola aiuta nella gestione del problema.
Quello che ancora manca è una logica nella valutazione globale del paziente.
Definire “logica” far fare un paio di esami seminali e dire che “siccome ha il varicocele diventerà sterile se non lo opera” è abbastanza pericoloso ma è, quasi, la prassi in specie tra chi, solo questo facendo e sapendo fare, fida sul fatto che tanto, poi, c’è la fecondazione assistita.
La globalità del problema è data dal fatto che il varicocele non è mai la sola causa , è solo la più conosciuta e sicuramente la più sopravalutata sia per i danni che può provocare che per le aspettative che crea in termini di risultati dopo la correzione. Prescindere , nella valutazione del paziente sub fertile, dalla presa in carico della coppia e di tutte le variabili conosciute -soprattutto le meno frequenti- che entrano nel determinismo dell’infertilità con lo scopo di riconoscere e rimuovere gli ostacoli posti dalla natura o dalla patologia alla legittima aspettativa di procreare, è limitante oltre che deludente nei risultati.
Saltare i dosaggi ormonali espone a mancate diagnosi di iperprolattinemia e di tumori ipofisari, un’eco non fatta non solo non trova un varicocele ma non trova la neoplasia testicolare, una Seminologia fatta male non riconosce un arresto maturativo o una flogosi prostatovescicolare, una microbiologia non eseguita a regola d’arte espone a falsi positivi e a terapie antibiotiche esagerate.
L’errore che si dovrebbe correggere non è se trattare o non trattare il Varicocele ma la faciloneria nella gestione del paziente, risultante patologica del tentativo di semplificare. Con lo stesso ragionamento tutti quelli cui fa male la pancia dovrebbero togliere l’appendice cecale a prescindere dal motivo o dai motivi dei dolori addominali. Il che non è accettabile.