Infertilità maschile e anti-estrogeni
Anti-estrogeni ed infertilità: la testardaggine medica.
Se qualcuno ha ancora dei dubbi sulla enormità della testardaggine umana, e quella medica soprattutto, meglio sarebbe che leggesse queste righe.
Una premessa: il testosterone viene metabolizzato a 17-beta-2estradiolo a livello del tessuto periferico. In verità è quest’ ultimo ormone (il beta-estradiolo) a regolare la secrezione di testosterone testicolare e delle gonadotropine dell’ ipofisi che fanno maturare gli spermatozoi. Pertanto si è ipotizzato che abbassando l’ estradiolo ci fosse una forma di rebound che portasse all’ innalzamento di testosterone e gonadotropine, innalzamento utile per la maturazione spermatica. L’ abbassamento può venire ottenuto con farmaci (tamoxifene, letrozolo, anastrazolo) che vengono comunemente utilizzati per bloccare la produzione estrogenica nelle donne affette da neoplasie della mammella.
Si è pertanto pensato di utilizzare tali farmaci nella bestia nera della andrologia: l’ infertilità idiopatica. Vedasi link allegato. https://www.medicitalia.it/minforma/andrologia/342-infertilita-idiopatica.htmlInfertilita-idiopatica
Tutto è cominciato a metà degli anni 70, quando tre ricercatori, contemporaneamente dimostrarono che anti-estrogeni somministrati per bocca migliorano la produzioni di spermatozoi in soggetti infertili. Naturalmente queste affermazioni furono ben presto smentite: non sempre vi erano miglioramenti. Fino alla esplosione di una vera e propria diatriba nel 2000, con “cordiali” dispute sulle pagine delle più titolate riviste specializzate. Gli uni dicevano sì altri dicevano no. E i toni non erano certo dei più educati
Era un punto morto.
E qua comincia il paradosso, che una volta tanto bisogna ringraziare l’ inquinamento ambientale. Dalla fine degli anni 90 ad oggi si è evidenziato che il seme maschile sta subendo un progressivo peggioramento a causa di fattori ambientali. I fattori ambientali, inquinanti, dannosi al seme sono quelli che svolgono una azione estrogeno-simile (xeno-estrogeni), ma questo danno è limitato a popolazioni ad alcune popolazioni: noi Italiani ricadiamo fra quelli. Viene ipotizzato un fattore genetico.
Parallelamente si ipotizzava prima e si verificava poi che la famosa bestia nera (l’ infertilità idiopatica) fosse in effetti un insieme di diverse forme di infertilità, per cui visto il meccanismo di azione degli inquinanti, e la loro attività sulla popolazione generale gli antiestrogeni dovevano funzionare almeno su una qualche coorte di pazienti: in via del tutto induttiva avrebbero potuto funzionare in pazienti con elevato tasso estrogenico e quindi con basso testosterone.
Nel 2002 a Schlegel ed ai suoi collaboratori venne l’ idea di valutare il rapporto testosterone/17-beta-2estradiolo: quando il rapporto era basso i farmaci anti-estrogeni funzionavano e discretamente bene. Ma i pazienti non erano esposti ad inquinanti. E tombola, ecco il busillis, ma non è finita.
La domanda a questo punto fu spontanea: cosa determinava quel particolare tipo rapporto?
Gli estrogeni aumentano negli obesi e nei sedentari, il testosterone negli sportivi. E ben vero che obesi e sedentari hanno mediamente meno spermatozoi degli sportivi, ma non tutti. Come non tutte le popolazioni sottoposte ad inquinamento da xenoestrogeni avevano cali della fertilità. La ricerca a questa punto è divenuta genetica e si è scoperto che un particolare assetto del cromosoma 15 determinava quel particolare rapporto estrogeno/testosterone ed alterazioni della fertilità.
Tanto per farla corta le alterazioni del seme hanno diversa gravità e quelle più gravi (azoospermie, oligoastenoteraospermie gravi e gravissime) sembrano essere in qualche modo determinate da particolari alterazioni genetiche. Allora perché non provare quei farmaci antiestrogeni nei pazienti gravemente o gravissimamente infertili? Provati con successo nei pazienti con basso testosterone ed alti estrogeni. In effetti la quantità e la qualità degli spermatozoi aumenta, In quantità non forse sufficiente da dare fertilità naturale, ma abbastanza da evitare interventi di ricerca di spermatozoi nel testicolo e, forse, da influenzare positivamente l’ esito di procedimenti di fecondazione assistita.
Come vedete, nessun colpo di genio improvviso di stampo scandalistico, ma una storia lunga quasi 40 anni di testardaggine... scandalosa:
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