Chi impianterà le protesi peniene negli anziani?
Un argomento pluritrattato in andrologia è quello delle protesi del pene come terapia per la disfunzione erettile. L’impianto protesico è una terapia della disfunzione erettile grave, largamente rappresenatata in età avanzata e quindi è una opzione terapeutica potenzialmente frequente nell’anziano.
Una indagine osservazionale effettuata nel 2001 da una importante azienda del settore delle protesi ha registarto l’età di 20 000 pazienti consecutivi sottoposti ad impianto protesico del pene in tutto il mondo: è emerso che la metà di essi era costituita da ultra sessantacinquenni e che l’implantologia era una pratica che aveva un target importante tra i pazienti di età compresa tra 65 e gli 80 anni già oltre un decennio fa. In linea teorica il trend attuale dovrebbe comportare un aumento degli impianti protesici in questa fascia d’età, poichè l’età media della popolazione è in costante crescita nei paesi occidentali. Da dati ISTAT sappiamo che nel 2005 gli ultrasessantacinquenni costituivano il 19% della popolazione italiana e raggiungerano il 25% nel 2024.
Allora tutto bene per l’implantologia protesica? Non è affatto detto.
Anche se nei prossimi decenni è prevedibile un aumento della disfunzione erettile End - Stage (cioé che non risponde più a terapia medica di alcun tipo) in relazione all’invecchiamento della popolazione, non è necessariamente prevedibile un miglioramento della Qualità di Vita degli anziani, presupposto fondamentale perchè vi sia una domanda di terapia della DE.
La fascia d’età degli anziani è destinata invece ad assistere ad una riduzione della propria capacità di spesa e non si vede con quali risorse economiche si potrà far fronte alla potenziale domanda di implantologia protesica. Le attuali condizioni economiche del paese e del SSN, non lasciano prevedere una maggiore disponibilità ad effettuare l’intervento in regime di convenzione, anzi! Nella congiuntura attuale i tagli di badget delle aziende ospedaliere hanno comportato limitazioni sostanziali alla chirurgia protesica del pene, clamorosamente in controtendenza con la situazione degli ultimi 10 anni, facendo virtualmente svanire questa possibilità di cura in molti centri attivi fino a ieri.
Se oggi si vuole continuare la strada dell’implantologia protesica come terapia fruibile da ampie fasce di popolazione, si deve necessariamente prevedere una strategia economica che impegni in minima parte le risorse del SSN, pena la virtuale scomparsa dell’”argomento”. A tale proposito si può a mio giudizio lavorare su più fronti. In primis ricorrendo alla libera professione intramuraria, che consente di ridurre i costi a carico del paziente, riducendo le spese superflue e le parcelle dei medici impiantatori. Questa è una cosa che può essere fatta subito, a discrezione dei singoli professionisti.
Qualche esperimento in tal senso ha già dato risultati molto positivi. Un’altra strategia consiste ovviamente nel ridurre la spesa destinanta all’impianto protesico, che rappresenta una parte cospicua delle spese sostenute dal paziente. Ciò si può ottenere banalmente, impiantando protesi più semplici come le semirigide, il cui costo è soltanto una frazione dei più sosfisticati (e graditi) impianti ad erezione idraulica. Nel medio periodo, inoltre, è ipotizzabile una riduzione tout court dei costi di tutti i tipi d’impianto, sia per il prevedibile ingresso nel mercato di nuovi aggressivi concorrenti, sia per una logica di mercato che, in tempi di crisi, suggerisce alle aziende di ridurre i margini di guadagno piuttosto che sparire.
Vedremo nel prossimo futuro coma andrà a finire.