Vaccino covid immunita.

Reinfezione, immunità sterile e vaccini COVID 19

valeriolangella
Dr. Valerio Langella Allergologo, Medico internista, Pneumologo

In considerazione dell’elevato numero di casi di COVID 19, uno degli attuali argomenti di maggiore dibattito è quello di chiarire quanti e quali individui sono immuni alla reinfezione e soprattutto, per quanto tempo, ed ancora, quanto potrà essere efficace e duratura la risposta immunitaria con i vaccini COVID-19 di prima generazione?

Ad oggi sappiamo che il nostro sistema immunitario, con un efficace esercito di cellule, citochine, recettori ed anticorpi è in grado di generare e mantenere nel tempo adeguate difese contro la maggior parte dei virus. Con il virus SARS COV2 le evidenze mostrano un’immunità a risposta variabile, in funzione verosimilmente della gravità dell'infezione e delle condizioni immunologiche, deficitarie o meno, di una persona.

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Molto in breve, il nostro sistema immunitario è in grado di rispondere su due fronti.

Una prima linea è costituita dall’immunità innata, una protezione non specifica che viene attivata ogni volta che un “invasore“ si presenta: questo sistema ignora chi e cosa sia l'invasore, ma sa che non dovrebbe essere lì. La seconda linea, l’immunità adattativa o acquisita, è un esercito specializzato concepito per difenderci da uno specifico invasore, sia in prima battuta che al suo ritorno, lanciando in genere in questo secondo caso, un attacco più rapido e robusto. È questa seconda linea e la sua memoria che in generale, noi tutti chiamiano "immunità".

Immunità sterile significa che il sistema immunitario è in grado di impedire a un agente patogeno di replicarsi. Per semplificare, ciò accade tipicamente quando le cellule immunitarie e gli “anticorpi neutralizzanti” sono in grado di legarsi al patogeno in zone che gli impediscono la penetrazione nella cellula. Idealmente ciò porta a un'immunità per tutta la vita. L'immunità sterile differisce dall'immunità efficace in quanto quest'ultima può prevenire la malattia, ma può portare comunque a infezioni asintomatiche.

A meno che un vaccino non offra un'immunità sterilizzante, esiste la possibilità che il virus possa essere trasmesso ad altri anche se la persona infetta non presenta sintomi.

Nella maggior parte dei casi spot informativi non fanno altro che generare inutili allarmismi e risultano spesso forvianti ed a volte deleteri.

Vari studi evidenziano che i livelli di anticorpi contro virus SARS COV2 tendono a diminuire dopo l'infezione, specie nelle persone con infezione lieve o asintomatica, suggerendo erroneamente che il beneficio protettivo possa essere limitato.

Dobbiamo però anche dire che il fatto che i livelli anticorpali diminuiscano dopo un'infezione non è un evento raro, anzi, è ciò che ad oggi sappiamo per tutte le infezioni acute.

Quello che ai più è sconosciuto è che la risposta ad un patogeno non è legata esclusivamente agli anticorpi, che peraltro quando rilevati, non sono per forza tutti neutralizzanti: altre cellule, Linfociti B, T, Th ed i loro complessi meccanismi di regolazione citochinica sono in grado di “ costruire “ una robusta ed adeguata risposta, sia nell’immediato che nel lungo termine.

Nei pazienti COVID-19 molti studi evidenziano che le cellule della memoria (B) e le cellule T, in particolare i T helper, proliferano anche dopo che i livelli anticorpali sono diminuiti, anche nelle persone con malattia lieve o gli asintomatici.

Tradotto, significa che se anche il sistema immunitario potrebbe non evitare completamente l'infezione, sicuramente è in grado di ridurre il rischio di infezione grave/sintomatica.

Con l'eccezione di un uomo di Hong Kong in cui è stata documentata una reinfezione con un diverso ceppo di COVID-19, ci sono pochi altri casi fortemente documentati (dicembre 2020).

Al momento nessuno sa davvero quanti anticorpi ci vogliono per difendersi da COVID-19 ed inoltre non è dato sapere quale ruolo svolgano le altre cellule deputate alla nostra difesa (Linfociti T, Th in particolare), sebbene studi clinici hanno dimostrato che i vaccini di prima generazione evochino la produzione di cellule T helper CD4 capaci di fornire immunità robusta e duratura. 

Non è verità assoluta che l’immunità sterile debba essere l'obiettivo finale dello sviluppo di un vaccino e solo il tempo ci fornirà ulteriori evidenze.

Quello che sicuramente sappiamo sui vaccini di prima generazione è che i dati clinici finora disponibili sono stati ampiamente positivi, nonostante la sorprendente velocità con cui i essi siano stati sviluppati e distribuiti.

È utile approfondire e chiarire qualsiasi dubbio, non lasciandosi assolutamente influenzare dal fatto che i vaccini non abbiano un’efficacia del 100%, questo è normale. Le notizie sulla diminuzione della risposta anticorpale non riflettono né la natura complessa dell'immunità acquisita né il beneficio protettivo della vaccinazione, anche se l'immunità sterile non viene raggiunta.

Questo assolutamente non suggerisce che è ora di abbassare la guardia, in riferimento all’ allontanamento sociale ed all’uso di mascherine. Fino a quando non saranno stati vaccinati settori sufficientemente ampi della popolazione e non verranno restituiti ulteriori dati, è importante rimanere vigili e attenersi alle linee guida di salute pubblica.

Data pubblicazione: 01 gennaio 2021

6 commenti

#1
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Utente 616XXX

Premesso che sono favorevole ai vaccini in generale, mi sono imbattuto in un commento che mi ha fatto riflettere e mi piacerebbe capire meglio, cerco di spiegarmi, il fatto che non dia l'immunità sterile significa che posso comunque trasmettere il virus ad altri? E il virus in questo caso è ancora attivo o è reso innocuo dalla mia vaccinazione? In pratica io mi vaccino per coloro che non possono (allergie varie, ecc..) ma se lo trasmetto ed è ancora attivo che senso ha la mia vaccinazione se io sono una persona sana e senza patologie?
Spero qualcuno possa chiarire questo mio dubbio, grazie dell'attenzione e buon lavoro

#2
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Dr. Valerio Langella

..augurandomi per Lei e per tutti salute e benessere..il senso della sua vaccinazione è che non e’ detto che perché Lei sia una persona sana ed in salute il virus SARS COV 2 non possa nuocerLe..purtroppo sia per l’infezione che per la malattia sintomatica è una roulette russa..per esperienza personale e nel mio quotidiano purtroppo chi va male o chi va bene non è per forza un malato ed un anziano..anzi ci sono evidenze che nei pazienti giovani/adulti la malattia dove si sviluppa è aggressiva..per ovvi motivi non posso portarLe esempi..ma sono molti quelli che erano in salute e senza patologie e che purtroppo ora non ci sono più...lungi da me convincere qualcuno ma il senso della discussione generale deve essere quello di comprendere (giustamente come cerca di fare Lei)..avere quanti più elementi di giudizio possibili..e serenamente decidere...nello specifico quindi il fatto che Lei sia sano non la protegge in senso assoluto ed in aggiunta..se molti o tutti intorno a noi sono vaccinati..il beneficio e’ indiscutibile
distinti saluti, a disposizione per qualsiasi ulteriore chiarimento ed in bocca al lupo a noi tutti

#3
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Dr. Armando De Vincentiis

ciao, si osserva, negli ultimissimi tempi che molti vaccinati, anche dopo seconda dose, non solo risultano positivi al covid , ma che accusano anche sintomi (seppur minori: raffreddore, mal di gola ecc) la mia domanda è:
gli anticorpi sviluppati con vaccino proteggerebbero, almeno, dai danni del virus a lungo termine come si osserva in diversi asintomatici che presentano alla risonanza segni di infezione avvenuta?

#4
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Dr. Valerio Langella

egregio collega, confesso che credo di non aver probabilmente compreso al meglio la tua domanda..provo comunque nel mio piccolo a cercare di estrapolare dalle attuali evidenze e dall'esperienza maturata una risposta adeguata:
1) innanzitutto gli anticorpi, inadeguatamente usati per valutare risposta vaccinale o competenza immunologica post infezione, non sono l'unica arma di difesa del nostro sistema immunitario: stanno già comparendo in letteratura diversi studi (fase 1/2) su popolazioni di persone con pregressa infezione e/o somministrazione di vaccino per COVID 19 (Vaxzevria, Janssen, Comirnaty, mRNA-1273 ) in cui si evidenzia la produzione di Linfociti T altamente selettivi per virus SARS COV2 (immunità cellulare) . Tutto ciò a testimonianza, che, al pari di altri patogeni, l'immunità umorale (e quindi gli anticorpi) non è l'unica difesa del nostro organismo.
2) almeno nella mia esperienza (nostra come gruppo COVID), l'evidenza radiologica e l'estensione dell'interessamento interstiziale e/o della microembolia polmonare, non sempre si correla con la clinica e con l'evoluzione a lungo termine , in pochissimi casi abbiamo registrato sequele importanti (fibrosi o deficit funzionali severi).
3)il vaccino non protegge dal contagio (o lo fa solo in parte) e sicuramente riduce l'incidenza di malattia grave
4) la reinfezione, dal nostro gruppo registrata in una decina di casi, ha causato sintomatologia lieve/nulla (la maggior parte hanno evidenziato tampone positivo a test di screening, quindi in assenza di malattia strumentalmente e laboratoristicamente evidenziabile).
sperando di aver in qualche modo soddisfatto la tua domanda, lascio a te ed agli altri le considerazioni di quanto esposto.
Purtroppo sia noi clinici che i nostri preziosi colleghi ricercatori cerchiamo progresso, le certezze sono poche, raccogliamo evidenze sperando di operare al meglio.
distinti saluti

#6
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Ex utente

Gentili dottori. Dovrei sottopormi alla mia prima vaccinazione con il vaccino Novavax. Non mi sono vaccinata fino ad adesso perché ho una lieve insufficienza alla valvola triscupide e un'infezione da e-coli. Possono incidere con il vaccino? So che si tratta di un vaccino già ampiamente utilizzato in Medicina e questo mi consola. Inoltre: posso assumere aspirina, acetilcisteina e integratore vitaminico prima e dopo il vaccino?

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