Consumare con parsimonia carni lavorate allunga la vita
Il consumo di carne è aumentato a partire dalla seconda guerra mondiale e, anche se questo aumento è stato a lungo registrato nel mondo occidentale (Nord America, Nord-Europa ed Europa occidentale, Australia e Nuova Zelanda), è in aumento anche in altri paesi, come la Cina, a causa del loro sviluppo economico.
La carne fa bene
Dal punto di vista fisiologico, una dieta ricca di carne ha diversi potenziali benefici nutrizionali, ma anche alcuni potenziali effetti negativi.
La carne è ricca di proteine, ferro, zinco e vitamine del gruppo B, così come di vitamina A. La biodisponibilità di ferro e folati, provenienti dalla carne, è superiore a quella di prodotti vegetali come cereali e verdure.
La carne fa male
Lo svantaggio, tuttavia, è l'elevato contenuto di acidi grassi saturi e colesterolo che, è dimostrato, sono associati con l’aumento delle lipoproteine plasmatiche a bassa densità (LDL), e quindi con il rischio di malattia coronarica.
Anche se il ferro è essenziale per la prevenzione di stati di anemia, un elevato apporto, soprattutto di ferro eme, comporta la formazione endogena di composti N-nitroso nel tratto gastro-intestinale, determinando un fattore di rischio per alcune neoplasie, come ad esempio il cancro del colon.
Uno studio europeo su consumo di carne e tumori
EPIC (European prospective investigation into cancer and nutrition) è un grandioso progetto europeo che si propone di studiare le interrelazioni fra dieta, stato nutrizionale, stile di vita, fattori ambientali e l'incidenza di cancro e di altre malattie croniche.
Sono state reclutate più di mezzo milione di persone in dieci paesi europei: Danimarca, Francia, Germania, Grecia, Italia, Paesi Bassi, Norvegia, Spagna, Svezia e Regno Unito.
La dottoressa Sabine Rohrmann, epidemiologa dell'Università di Zurigo (Svizzera), ricercatrice del progetto EPIC, afferma che occorre porre attenzione al consumo di carne, in particolare di quella lavorata, in quanto "Salsicce, pancetta, prosciutto o wurstel aumentano il rischio di morte prematura e devono essere consumate con parsimonia".
Questo maxi-studio multicentrico è stato pubblicato su Bmc medicine.
I partecipanti sono stati arruolati tra il 1992 ed il 2000 in 23 centri sparsi in 10 diversi paesi europei. In Italia i 5 centri partecipanti (Varese, Napoli, Firenze, Ragusa e Torino) hanno contribuito con i dati ottenuti da circa 50.000 soggetti. I volontari sono stati 511.781, di età compresa tra i 35 e i 69 anni; sono poi divenuti 448.568 (avendo escluso quelli con rapporto tra introito calorico e spesa energetica troppo alto o troppo basso, e coloro che erano affetti, all'inizio dello studio, da cancro, infarto o ictus). I partecipanti allo studio sono stati seguiti seguiti per una media di circa12 anni.
Per questa analisi le carni sono stati raggruppate in:
- carni rosse (manzo, maiale, montone/agnello, cavallo, capra),
- carni lavorate (tutti i prodotti a base di carne, tra cui prosciutto, pancetta, salsicce),
- carni bianche (coniglio e pollame, tra cui pollo, gallina, tacchino, anatra, oca).
Mangiare carne fa male, soprattutto carni lavorate
Si è quindi rilevato che un elevato consumo di carni trasformate presentava una forte associazione con la mortalità; tale associazione è particolarmente significativa per le malattie cardiovascolari, il cancro, e "altre cause” di morte.
Dai calcoli emergerebbe che si sarebbe evitato il 3,3% dei decessi, se tutti i partecipanti avessero avuto un consumo di carne lavorata inferiore a 20 gr al giorno.
I risultati mostrano che una persona che assume 160 grammi di carne lavorata al giorno (circa un paio di salsicce) ha il 44% di probabilità in più di morire precocemente, rispetto a una che ne mangi al massimo 20 grammi.
Le carni bianche, come pollo e tacchino, non hanno mostrato effetti significativi sulla salute, né positivi né negativi, mentre quelle rosse, se mangiate in piccole quantità, sembrerebbero avere un effetto benefico.
Le carni lavorate contengono più grassi saturi rispetto alle non trasformate, oltre che colesterolo e additivi (alcuni ritenuti cancerogeni o precursori di composti cancerogeni), maggiormente presenti in alcune lavorazioni come l'affumicatura o la stagionatura.
Lo studio ha permesso di constatare che un alto consumo di carni lavorate spesso è associato a stili di vita dannosi come il fumo, la scarsa attività fisica, il sovrappeso, l’uso di bevande alcoliche e il mancato introito di frutta e verdura.
L'Italia, dopo la Grecia, è lo stato europeo che consuma meno carni lavorate, meno della metà rispetto alla Germania ed oltre un terzo in meno rispetto a Danimarca, Svezia o Spagna.
Fonte:
Meat consumption and mortality – results from the European Prospective Investigation into Cancer and Nutrition - Sabine Rohrmann et al., BMC Med. 2013 Mar 7;11:63