La famiglia "naturale" esiste?

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Ieri, nel nostro Paese, si è tenuta l’ennesima manifestazione a sostegno della cosiddetta “famiglia naturale”. La manifestazione, denominata “Family Day”, alla quale hanno partecipato poche migliaia di persone, voleva essere un modo per tutelare l’idea di una famiglia esclusivamente formata da uomo e donna e legalmente riconosciuta tramite il matrimonio. Ma esiste davvero una famiglia “naturale”?

 

NATURA VS CULTURA

Secondo il dizionario Treccani, il termine “natura” indica “il sistema totale degli esseri viventi, animali e vegetali, e delle cose inanimate, che presentano un ordine, realizzano dei tipi e si formano secondo leggi”, mentre il termine “cultura” fa riferimento al “complesso di conoscenze, competenze o credenze (o anche soltanto particolari elementi e settori di esso), proprie di un’età, di una classe o categoria sociale, di un ambiente”.

La suddetta definizione di natura rimanda dunque alla presenza di un “ordine” formato secondo “leggi” specifiche, e apparentemente immutabili, come quelle riscontrate in biologia. E così è “naturale” che le piante abbiano bisogno della fotosintesi e gli uomini del “nutrimento” per poter sopravvivere; si tratta di qualcosa di oggettivo, empiricamente dimostrabile e intrinsecamente conosciuto dagli organismi ancora prima del processo di acculturazione. Il concetto di natura, dunque, è spesso legato a quello di “istinto”. Il neonato piange perché ha fame, prima ancora di essere cosciente di cosa significhi avere fame; il bambino ritira la mano dal fuoco prima di capire che il fuoco brucia; il viaggiatore dei boschi fa un balzo prima ancora di accorgersi di aver calpestato un serpente e di essere stato morso. Si tratta di “leggi” innate che l’uomo non è riuscito a modificare neppure tramite il più complesso metodo di condizionamento oggi esistente.

La cultura, invece, è un prodotto dell’uomo e della società all’interno della quale vive. Si apprende inconsapevolmente durante lo sviluppo; la si tramanda ai propri figli; si viene influenzati e la si influenza allo stesso tempo, a volte deliberatamente, altre volte senza neppure accorgersene. Anche in questo caso si tratta di leggi importanti in quanto legate all’esistenza all’interno di un gruppo sociale (chi non rispetta le tradizioni del gruppo viene spesso emarginato), ma sono leggi modificabili, destinate a mutare all’interno di un processo inarrestabile che è proprio della natura umana.

 

LA STRUMENTALIZZAZIONE DELLA NATURA

La presunta immutabilità delle leggi naturali ha fatto sì che il termine “natura” fosse usato nel corso dei secoli per mantenere inalterato l’ordine sociale. La società in quanto “sistema” tende a preservare se stessa e a mantenere inalterata la propria struttura. Come in ogni sistema infatti, esistono forze (interne o esterne) che spingono verso il cambiamento e che vanno irrimediabilmente a scontrarsi contro le “resistenze”, le quali hanno invece lo scopo di mantenere inalterato l’equilibrio.

Queste due reazioni contrastanti si ritrovano in tutti i tipi di sistemi, siano essi matematici, biologici, sociali o psicologici. Grazie a questa eterna lotta tra cambiamento e conservazione, l’uomo ha sviluppato dei meccanismi in grado di andare oltre i semplici istinti, i quali, da soli, non sarebbero bastati a garantire la sopravvivenza della nostra specie.

Se sul piano biologico e psicologico questi mutamenti sono avvenuti in maniera relativamente semplice e spontanea, sul piano sociale sono spesso stati accompagnati da lotte, rivoluzioni e massacri. L’argomentazione principale utilizzata per difendere lo status quo è stata quasi sempre la natura. Sembra quasi che l’assenza di argomentazioni scientifiche a sostegno di una teoria spinga l’uomo a trincerarsi dietro “è naturale” e a chiudere le porte a ogni sorta di dialogo col resto della società.

E così è stato “naturale” che solo gli uomini andassero a lavorare perché le donne dovevano sbrigare le faccende domestiche; che il diritto di voto fosse proprio di alcune categorie sociali; che i lavoratori non avessero diritto alla pausa e al riposo; che i disabili venissero gettati giù dalle colline e i “matti” rinchiusi in manicomio. In tutte queste occasioni, l’applicazione arbitraria del termine “natura” a fenomeni di ordine sociale ha portato alla scrittura delle pagine più oscure della nostra storia.

Oggi, dopo secoli, ci accorgiamo che anche se tutti votano, le donne e i disabili lavorano, i matti hanno scoperto le leggi della fisica, la società è ancora qui, più viva, più bella, più “naturale”. Già, perché chi strumentalizza la natura si dimentica spesso che essa è anche “la volontà stessa di ordine che si manifesta in quelle leggi, come principio vivo e operante, forza generatrice di tutte le cose” come lo stesso dizionario Treccani ci ricorda.

 

MA COS’è LA FAMIGLIA?

La famiglia è una cellula sociale e, in quanto tale, è regolata da leggi e norme che variano di cultura in cultura. Nel corso dei secoli il concetto di famiglia è più volte mutato, passando dalla famiglia rurale (costituita da un elevato numero di figli e da esponenti esterni alla coppia genitoriale quali, per esempio, i nonni e gli zii), alla famiglia industriale (in cui erano presenti i genitori e pochi figli) a quella nucleare (composta da genitori e uno o due figli).

L’evoluzione della famiglia è stata spesso legata a fenomeni di carattere sociale abbastanza complessi. Quando l’agricoltura era il metodo di sostegno principale per la maggior parte delle famiglie, servivano quante più braccia possibili. E così si mettevano al mondo molti figli i quali, in alcuni casi, venivano anche “venduti” a famiglie meno fortunate o in caso di raccolti poco promettenti. L’avvento della rivoluzione industriale ha portato allo spostamento verso le città e alla conseguente necessità di ridurre il numero dei figli. Le case erano più piccole, i genitori impegnati in fabbrica per la maggior parte della giornata, i parenti impegnati a gestire il proprio nucleo famigliare. Infine, nella società attuale e, in particolar modo con l’arrivo della corrente crisi economica, le finanze delle famiglie si sono ristrette al punto che risulta davvero difficile mantenere più di un figlio.

 

E IL MATRIMONIO?

Il matrimonio è un contratto giuridico all’interno del quale due persone s’impegnano a costituire una famiglia e a tutelarsi reciprocamente. Si tratta dunque di un vincolo giuridico che non ha nulla a che vedere con la sacralità del matrimonio religioso o con la relazione esistente tra queste due persone.

Nel corso della storia il matrimonio è stato infatti usato come “merce di scambio” per creare alleanze tra le famiglie o per garantirsi e garantire una certa stabilità economica alle persone coinvolte. I matrimoni erano infatti “combinati”, ovvero i genitori sceglievano un marito/moglie per i propri figli, valutando la “convenienza” di tale scelta per loro stessi e per i loro cari. Non aveva dunque nulla a che vedere con l’amore o con la religione. In alcuni paesi del sud Italia, così come in culture differenti dalla nostra, il matrimonio è ancora tale.

Ma il concetto di matrimonio è più volte mutato per adattarsi ai cambiamenti sociali. Oggi, per sposarsi è necessario compiere una scelta libera e consapevole, senza pressioni esterne. Il contratto giuridico di matrimonio si è allargato per includere situazioni in precedenza non regolamentate (per esempio il riconoscimento dei figli nati al di fuori dello stesso o il divorzio) e, in alcuni casi, impensabili fino a qualche anno fa.

In alcuni Paesi del mondo è stato introdotto il matrimonio tra persone dello stesso sesso, senza tuttavia incidere sul tasso di natalità, sul numero di richieste o sull’equilibrio psicologico dei bambini. Numerosi studi scientifici hanno dimostrato addirittura che l’adozione di un bambino da parte di una coppia di persone dello stesso sesso non ha necessariamente un impatto negativo sulla salute psicologica del bambino, né sul suo orientamento sessuale.

 

DUNQUE LA FAMIGLIA “NATURALE” ESISTE?

Utilizzare il termine “naturale” per descrivere un prodotto “sociale” non solo è concettualmente errato, ma si corre il rischio di creare divisioni e di alimentare fratture all’interno del tessuto sociale tali da poter risultare nocive per la società stessa.

L’evoluzione della società è inarrestabile e, dal punto di vista evoluzionistico, necessaria per la stessa sopravvivenza dell’uomo. Infatti, se ancora oggi la nostra specie sopravvive, a differenza di molte altre, è proprio grazie alla capacità di adattarsi all’ambiente e ai suoi cambiamenti (interni o esterni). Una società che muta per adattarsi al bisogno dei suoi individui è una società “sana” (dopotutto è il prodotto di tali individui).

Quando oggi si parla di famiglia non si fa più riferimento a due persone abbinate dai rispettivi genitori per motivi economici o di prestigio sociale, ma a due persone che, sulla base di un sentimento comune, hanno scelto di condividere insieme la totalità (o comunque una buona parte) della propria vita.

Non esiste dunque una famiglia “naturale”, ma piuttosto tante diverse famiglie “sociali” (o “culturali”), le quali rispecchiano le tradizioni, gli stereotipi e gli ambienti in cui si sono formate. Ciò che invece risulta “naturale” è la tendenza dell’uomo ad amare e a formare legami (anche su questo però esistono teorie contrastanti) a prescindere dal sesso, dalla nazionalità, dallo stato di salute, ecc… Si tratta, tuttavia, di qualcosa che riguarda l’intimità della persona e che lo Stato con le sue leggi non può limitare a specifiche categorie giuridiche, basandosi tra l’altro su stereotipi e preconcetti che risultano essere in netto contrasto con l’attuale panorama scientifico.

 

 

Data pubblicazione: 21 giugno 2015

4 commenti

#1
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Utente 219XXX

Bell'articolo: ponderato e con riferimenti pertinenti. L'ho letto con interesse e lo rileggerò.

#2
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Psicoterapeuta

Mi complimento per l'articolo. Contiene spunti di riflessione importanti, espressi in modo semplice e fruibile.

Tra l'altro, mette in luce la valenza "strumentale" e di controllo di alcune argomentazioni, volte semplicemente a limitare i diritti di alcune categorie di persone per mantenere un certo status quo.

Chissà, tra qualche anno forse i nostri figli ci chiederanno "ma davvero si parlava di famiglie naturali ai vostri tempi?"...

#3
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Utente 350XXX

Mi complimento per l'articolo dottor Sposato (che dire nomen omen il suo...)
Mi permetto però di dissentire su una cosa, e non è certamente una piccola cosa: il concetto di famiglia da lei espresso.
La famiglia, se proprio vogliamo andare a identificarne razionalmente una definizione, non è costituita da DUE persone, per quanto in modo generalista possano essere identificate queste due persone (uomini, donne, etero, omosessuali, bianchi, neri, italiani stranieri).
Lancio un paio di definizioni/provocazioni: non possono essere una famiglia due uomini che liberamente e consenzientemente decidono di condividere il loro amore per una stessa donna? Di fatto vivendo in tre sotto lo stesso tetto. Non possono queste persone sottoscrivere una condivisione dei beni, condividere la propria privacy sulle cure mediche ecc. se lo desiderano?
Altra provocazione: Non può essere una famiglia due amici ETERO, che non avendo mai trovato una donna unica ed eterna nella loro vita decidono di convivere loro due, dividendosi i compiti di casa, vivendo ognuno le proprie esperienze private con donne occasionali o amori di breve durata, e che per forte amicizia tra loro vorrebbero però firmare un contratto che tuteli loro due e la loro amicizia anche se non mediata da alcuna affettività sessuale?
Insomma dobbiamo capire che la famiglia non ha nulla a che vedere appunto ne col sesso, ne con la religione ne con nulla, è una semplice piccola istituzione sociale che nasce dal fatto che la vita di per se vissuta da soli non è facile, troppe cose dal lavoro difficile, alle malattie, ai sogni da realizzare, possono essere difficili da affrontare da soli. La famiglia sono quelle altre persone che incontriamo in vita e che ci aiutano ad alleggerire il nostro carico di impegni, oltre che regalarci bei momenti di socialità, di affetto, di sessualità e di amicizia.
In alcuni casi potremmo trovarci con la necessità di sottoscrivere un contratto giuridico che impegni e tuteli chi lo sottoscrive, tale contratto non solo non dovrebbe essere esclusivo in base ad un unico orientamento sessuale, ma anche in base al numero dei sottoscrittori ed alle clausole in esso specificate: non tutti vogliono la condivisione dei beni, ma alcuni di loro potrebbero accettare di perdere la privacy medica o ancora pretendere clausole di fedeltà secondo le quali se si è traditi ed il tradimento è dmostrato si possono richiedere i danni (come nell'attuale matrimonio) ecc. ecc.
La vera soluzione che porrebbe fine ad ogni problematica nella nostra società sempre più in evoluzione e cambiamento è solo la LIBERALIZZAZIONE del contratto di matrimonio, o chiamiamolo di famiglia. Di modo che ognuno, ogni "gruppo familiare", possa scriverlo, con l'aiuto di avvocati ed esperti, come meglio crede. Ognuno la responsabilità di firmare per il modello di famiglia nel quale desidera vivere e riconoscersi.
Questo non distruggerebbe i vecchi matrimoni, la Chiesa sarebbe liberissima di dire che per i suoi fedeli esiste uno e un unico modello di contratto matrimoniale, precompilato e disponibile a chiunque desideri firmarlo. Ma chi chi vuole altro inutile che la legge introduca nuovi modelli di matrimoni, come quello omosessuale, non saranno mai abbastanza. Si pensi invece a liberalizzare il tutto e la finiamo qua.
Mi piacerebbe che voi psicologi, in quanto anche studiosi dell'individuo sociale e della sua intima felicità, riflettesse su questo.

#4
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Psicologo

Ringrazio tutti per i commenti e chiedo scusa per il ritardo della mia risposta. Le mie riflessioni, nate all'indomani del Family Day, sono interamente focalizzate sul parallelo tra famiglia eterosessuale e omosessuale. Questa è la ragione per la quale non si fa riferimento ad altri tipi di famiglia. In seno alla psicologia, così come all'antropologia, alla sociologia e alle altre scienze sociali in generali, il dibattito sulle diverse tipologia di famiglia - comprese quelle monogenitoriali e poligamiche - resta sempre vivo e aperto. Purtroppo, durante la stesura di un articolo, soprattutto quando esso è orientato verso una tipologia specifica di famiglia, risulta difficile contemplare tutte le tipologie di famiglia oggi esistenti. In ogni caso, con: "Non esiste dunque una famiglia “naturale”, ma piuttosto tante diverse famiglie “sociali” (o “culturali”)" intendo proprio sottolineare l'esistenza di diverse tipologie di famiglia, contemplando tutte le opzioni possibili. Ringrazio l'utente per i suoi interessanti spunti di riflessione che, per quanto mi riguarda, risultano pienamente accolti e in parte condivisi. Magari in futuro, se ce ne sarà l'occasione, potrebbero dare luogo alla stesura di un nuovo articolo sulla famiglia in generale e sulle sue diverse sfumature, affrontando anche il tema del riconoscimento giuridico e degli eventuali limiti legati alla difficoltà da parte dei Governi e delle società di poter prevedere tutti i modelli esistenti.

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